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Il fallimento della civiltà della comunicazione.

31 dicembre 2004

Ricorderemo con angoscia, nei giorni e anni a venire che, nella società della comunicazione istantanea, dei miliardi di telefoni cellulari, di internet, si è verificato questo: che non si sia potuto avvertire in tempo milioni di persone della morte che arrivava dal mare. C’erano due ore di tempo e poi quattro e poi dieci (per quanto riguarda le coste d’Africa) per allertare quelle popolazioni, ma non è stato possibile. Possiamo, al giorno d’oggi, comunicare istantaneamente con ogni angolo del globo, ma non abbiamo usato questa possibilità per salvare milioni di vite; e dico “abbiamo” perché questa faccenda riguarda noi occidente, noi, i detentori del potere della comunicazione che usiamo come respiriamo per tutte le situazioni nobili e meno nobili. Naturalmente, sappiamo bene che questo potere è sconosciuto alla maggioranza delle popolazioni del mondo, che la teconologia è esclusiva, o quasi, del ricco occidente, e se ci fosse stata bisogno di una conferma di questo, ora lo scropriamo drammaticamente.. E tuttavia qualcosa non torna lo stesso. Le motivazioni addotte per la spaventosa defaillance comunicativa che ha indirettamente provocato la morte di centinaia di migliaia di persone, le giustificazioni per quella catastrofe nella catastrofe sono ormai più d’una: si è letto che: i responsabili dell’allerta tsunami non erano in possesso di alcun numero di telefono di una qualsiasi persona in quelle terre d’Asia, cui comunicare che una onda apocalittica li stava raggiungendo. – L’allarme è stato dato ma nell’Oceano sbagliato. (si sono allertate le coste del Cile e si è detto che sarebbe arrivata un’onda anomala di qualche centimetro.) – Si dice anche, nelle ultime ore, che l’allarme era stato dato alle strutture militari presenti in alcuni dei Paesi coinvolti nel disastro ((fonte Reporterassociati – la base militare è quella di Diego Garcìa) e non a quelle civili dell’area; che le autorità militari hanno comunque avvertito un ministro del governo con un fax, ma era il ministro del governo precedente. Che quando se ne sono accorti era troppo tardi. Giorni orsono, nelle prime ore dopo la catastrofe, mi è capitato di ascoltare alla radio la testimonianza di un uomo che è vissuto in Africa molto tempo per lavoro e che ha testimoniato come nel continente si usi molto la radio per comunicare, diceva che in Africa ognuno ha una radiolina e che gli era capitato di constatare, in occasione della vittoria ad una Olimpiade di un atleta africano, come, nel giro di neanche un’ora, tutto il continente fosse informato della bella notizia…attraverso la radiolina. Ho anche ascoltato la voce di un ascoltatore che esasperato diceva: bastava che Bush alzasse il telefono e comunicasse con il capo di Stato di Sri Lanka o Indonesia.  Il conduttore lo ha redarguito dicendo:  non esageriamo, non imputiamo a Bush anche questa colpa! Va bene… Però , nella sua semplicità, quell’uomo ha detto una cosa che ci apparirebbe ovvia: ci ha segnalato un comportamento che riterremmo plausibile in una circostanza di simile urgenza . Purtroppo le cose non vanno così nel mondo. Cosa non ha funzionato veramente? Non lo sappiamo ancora, ma sappiamo che abbiamo avuto tutti la percezione netta che quelle centinaia di migliaia di morti non erano abbastanza importanti all’interno delle agende del telefono dei potenti del mondo e di chi poteva forse con maggiore zelo agire per prevenire. 

germana pisa 31 12  04 – scrittura per il sito Megachip per la democrazia della comunicazione

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