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Via Etna 2 Milano Storia di una scalata.

 Sta cominciando ad affondare nella notte del tempo un evento avventuroso che interessò la pacifica comunità dei condominio di via Etna 2 alla fine degli anni ’70 del Ventesimo secolo; e tuttavia possono essere stati anche i primi “Ottanta”. Non essendoci stata del fatto immediata trasposizione scritta o fotografica la data precisa è incerta ; quanto certo il fatto avvenuto. È mia premura di persona che fu testimone prossima del fatto avventuroso rivelare per i discendenti di quel tempo i dettagli; oppure riferire inediti particolari a chi degli amici della pacifica comunità fosse venuto a sapere del fatto, nei giorni immediati dopo che avvenuto, magari per sentito riferire . Chi dunque quella sera di fine estate stesse passando per la via e avesse senza motivo, solo per  curiosità – certamente dovuta alla bellezza del palazzo – alzato gli occhi verso la facciata avrebbe scorto nella luce del crepuscolo ormai tardo (ma non abbastanza da non poter vedere), una figura di uomo che lungo quella parete si stava arrampicando. E lo faceva non certo in maniera impropria (o a chi osservasse che paresseper così dire “furtiva”. Lo faceva apertamente e tranquillamente. E – caso mai ci si potesse chiedere…- No,, non era la notte della Vigilia che si potesse pensare ad un Babbo Natale inedito).  Chi avesse alzato lo sguardo avrebbe sbarrato gli occhi nel vedere l’uomo munito degli strumenti che si hanno in cordata durante una ascensione, arrampicarsi! Se ancor più informato tuttavia un osservatore avrebbe notato la scaletta di ferro e corda che – agganciata al balcone del terzo piano, facente parte di scala A – recava il peso dell’audace che avanzava. E si sarebbe chiesto se la scaletta fosse uno strumento usato nelle scalate o se piuttosto non fosse un ausilio più propriamente usato nelle discese, nelle cavità, per la precisione. Nelle grotte insomma. Ancora tremo al ricordo. La visione dell’uomo che si arrampicava lungo la parete è vividamente impressa nella mia mente, come fosse di ieri. Io guardavo dal balcone del medesimo terzo piano, quello parallelo ma non appartenente al possedimenti cui apparteneva il balcone a cui erano agganciati gli strumenti che reggevano l’uomo in ascesa. Guardavo la strada deserta: :nulla e alcuno – ricordo – si muoveva nella via e nessuno alzava gli occhi alla facciata. Nessuno quella sera ebbe modo di pensare “chiamo la polizia”. È straordinaria la quiete della via: non e cambiato molto dalla fine degli anni 70. Ora come allora via Etna è un luogo silenzioso, discreto deserto tra il tardo crepuscolo e l’ora di cena. Sì, perché era l’ora di cena e il signor M. era tornato dal lavoro e nell’accingersi a rientrare al suo appartamento si era accorto che aveva perso tutte le chiavi. E non ricordo se il signor Magni suonò alla nostra porta, o se le sue esclamazione di disappunto giungessero alle orecchie mie e soprattutto di mio marito e fossero tali da indurci ad aprirla la porta e ad informarci di cosa stesse accadendo. Ricordo il viso allarmato del signor M. che spiegava a mio marito Tito Samorè della spiacevole perdita di un mazzo di chiavi piuttosto importante, tra le quali quelle dell’appartamento; ma certamente non solo quelle! E come sia avvenuto che quasi subitamene Tito si sia offerto per scalare la parete esterna al fine di arrivare alla finestra e forzarla per entrare in casa, ottenendo la approvazione del signor M. all’audace progetto ancora non me lo spiego. Senza por troppo tempo in mezzo T. recuperò gli srumenti per la scalata della parete, evidentemente avendo nel frattempo chiesto all’inquilino del secondo piano di poter organizzare dal suo balcone l’ascesa; ed avendone ottenuto il permesso.. Ottenutolo, quindi, dopo non più di mezz’ora Tito cominciava ad arrampicarsi. Giunto infine al balcone del signor M. e scavalcatolo, affrontò la vetrata. La frantumò con un robusto strumento? Poiché non posso dire di aver udito il frastuono del vetro e non so se sia che la memoria non mi soccorre o se nel frattempo avessi avuto un malore per l’emozione e la paura di veder penzolare Tito, posso solo assicurare che il signor M. riconquistò l’appartamento, in esso recuperò probabilmente chiavi delle quali aveva urgenza oltre a quelle dell’appartamento. Tutto celebrammo con una cena che cementò la stima e la amicizia tra le nostre due famiglie.

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