Biografici e autobiografici

Storie della famiglia Cavazzana (Ciao mamma).

6 gennaio 2009

Mi ricordo mamma quando venni da te un pomeriggio – era il 1998, di marzo – armata di registratore nonché di penna e carta, e ti chiesi di raccontarmi del passato, dei nostri parenti, quelli che io e le mie sorelle non avevamo potuto conoscere; in generale desideravo tuffarmi con te nei ricordi, in particolare ricostruire un albero genealogico o più d’uno: in questo ero impegnata infatti in quel periodo: nel voler ricostruire le storie delle famiglie.
Non ti sottraesti. Ero ammirata, ascoltandoti, e stupita del fatto che tu ricordassi con cura e senza sforzo anche intrecci di parentela lontani ed episodi e caratteristiche di questo o quel parente o famiglia, o amico. E lo facevi volentieri, mai una volta nel ricordare ti ha sfiorato un pensiero, un giudizio meno che positivo: certo, il passato si colora di rosa per noi che ricordiamo, ma non è consueto che, sollecitati a ricordare, si voglia sottolineare solo gli aspetti positivi, le relazioni positive. Anche se sfioravi i momenti tristi del passato o problematici lo facevi con leggerezza e senza nemmeno una punta di autocommiserazione o vittimismo.
Ho qui presente, come se fosse oggi, quel pomeriggio tiepido di sole in via Bronzetti: tu seduta nel consueto angolo in cucina, io di fronte ansiosa di ascoltarti, ti sollecitavo a ricordare; ed ero contagiata dalla tua serenità, dalla tua allegria direi. Infatti a un certo punto scoppiasti – nel ricordare un episodio della tua adolescenza o infanzia – in una risata argentina che ti ha fatto apparire ai miei occhi giovanissima, una ragazzina. Non fu certo la prima volta che mi apparisti così, incredibilmente giovane dentro, ma quel giorno è stampato nella memoria.
Quel pomeriggio e forse anche un altro successivo ricordasti dei tempi di Padova, delle case di tuo papa’ Gustavo (faceva tanti traslochi, la nonna doveva fare spesso Sanmartino, era in gamba mio padre), della tua mamma Angela, di Sidonia, di Gigetto e poi di Angelo di Begosso e di Antonia, la tua nonna, che bella quella foto di lei seduta sulla soglia di casa e sorridente. E poi, io incuriosita da una foto di gruppo nella quale alcune persone non riconoscevo, mi dicesti che si trattava degli amici venuti dalla Libia che tuo padre Gustavo ospitò per tanto tempo. E guardando una delle foto mi dicesti che quella era la casa di Padova, che purtroppo una bombà poi distrusse. Quella foto è bellissima: vi appare un gruppo familiare di più generazioni e spicca al centro la tua figura elegante e sorridente, e vicino a te quello che ancora era il tuo fidanzato e che poi fu mio padre: Mentore. Intorno ci sono tua mamma Angela, Maria Caleffi e poi tuoi fratelli ragazzi e due cugini Pisa: Loredana e Jacopo giovinetti.
Ricordasti i tempi di Gualtieri, zia Maria, zio Davide per cui manifestasti tutta la tua stima e affetto. C’è una foto di te vicino a zio Davide Caleffi, scattata credo nel 1939 o 1940 a Milano nei giardini di corso Indipendenza e poi un’altra in cui è Mentore a essere fotografato da te con zio Davide. Credo fosse venuto a trovarti a Milano dopo che da poco ti eri trasferita qui, da Gualtieri, dopo le nozze.
Non ho mai voluto insistere a chiederti del tuo periodo di amore e matrimonio con mio padre: a me è sempre parso che non desiderassi ricordare quello che è stato l’episodio che ha dato una svolta alla tua e alla mia vita. Ho sempre pensato che era doloroso per te ricordare, o che comunque per qualche motivo preferivi non parlarne. I tuoi accenni a lui erano rari e discreti ma sufficientemente significativi perché io comprendessi il tuo ritegno e il tuo silenzio. D’altronde è anche vero che, ci si rende conto via via che il tempo ci incalza, di quante parole avremmo potuto spendere e non lo abbiamo fatto. Io credo di avere negli ultimi anni con te chiarito molte cose e ci siamo capite e sono bastate poche parole tra noi. E ringrazio Dio di aver avuto occasione di guardarti e di dirti mamma, io ho capito.

Fantolino

Questa parola di sapore antico, tenerissima, io la sento usare soprattutto da Jole, nel Veneto, quando parla del nipotino (uno della lunga schiera!): «Senti come piange il fantolino! È l’ora della pappa, Maria?»

germana pisa
pubblicato in Nelle pagine del tempo. Le parole salvate dai ricordi, a cura di Alfredo Tamisari, 2011, Emmeti.

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