Maria mi disse che non avrebbe giocato con me, perchè ormai era grande. Era una estate che ero tornata al paese dalla città ed ero andata a cercarla. La mia delusione alle sue parole fu grande e bruciante e la ricordo ancora. Maria aveva certamente almeno un paio d’anni più di me, forse tre; ora comprendo che i miei possibili otto anni di quell’anno corrispondevano alla prima adolescenza di lei, forse ai primi cambiamenti nel suo corpo, e quindi alla percezione di sè. O forse qualcuno le aveva detto che non si facesse vedere a giocare con me, venuta dalla città, che ormai era una signorinetta. Forse la avrebbero presa in giro a vederla giocare con una bambinetta. Io certamente soffrii e, per quel che ricordo lì cominciò per me veramente a cambiare molto; perchè se potevo sopportare di abitare in città dove con la mamma mi avevano portato questo avveniva solo in quanto ritrovavo ogni anno d’estate il paese, i giochi, la atmosfera, le certezze, il calore della prima infanzia. Continuo a pensare a Maria con affetto. Dopo quel giorno dopo quella rivelazione di cambiamento la vidi sempre meno, eppure la casa dove abitava era dirimpetto alla nostra, di me, degli zii. Anche in seguito, fino a quando continuai a tornare al paese per le vacanze la vidi sempre più raramente. Forse la incontrai già grande signorina. Quando tornavo a G. salutavo passando il suo papà fabbro ferraio che batteva sulla incudine nella via e provavo sempre simpatia, sempre meno dolore per quell’antico rifiuto. Maria mi aveva detto parole sincere e le aveva dette – mi pare ricordare – con dispiacere
l