divagazioni, Letterari

L’applauso.

Intorno alla fine degli anni ’90 del XX Secolo abbiamo visto manifestarsi durante la cerimonia di congedo da questa terra di personaggi illustri la tendenza al saluto con l’applauso  La prima occasione che personalmente indelebilmente ricordo in cui ciò è avvenuto sono state le esequie per Giovanni Falcone, per la di lui moglie, per gli uomini della scorta. Di fronte a quel corale dolore mediato da uno schermo tv, cui partecipavamo da lontano, l’applauso della folla convenuta ci sembrò la liberazione di un sentimento di angoscia profonda che cercava, nel manifestarsi collettivamente, di trovare lenimento: una drammatizzazione, una teatralità giuste, dovute. Noi lo abbiamo pensato tutti in cuor nostro che quell’ applauso a Falcone sarebbe stato meglio farlo lui vivo; e lo abbiamo pensato poi di Paolo Borsellino; e tragicamente di decine di altre figure esemplari. Lo abbiamo pensato subito che lomaggio era tardivo, nel sentire quegli applausi che ci raggiungevano dalla televisione, e non li abbiamo biasimati; ma abbiamo pensato che era troppo comodo così, comodo sgravarsi la coscienza per una insufficiente attenzione rivolta al lavoro e alla figura di lui, di loro in vita. Scrivo e penso al valore catartico della rappresentazione, della espressione collettiva del dolore, del quale vediamo sempre più esempi. Molti applausi vediamo levarsi a salutare personaggi pubblici amati. Io non riesco a togliermi dalla testa un pensiero: nella società mediatizzata in cui ci troviamo immersi penso che un selfie collettivo possa perdere di intensità e di valore nel momento in cui immagina se stesso finalizzato a comparire e ad essere una immagine moltiplicata all infinito… 

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