divagazioni, Letterari

Sedimenti.

CHE NOI camminiamo su miliardi, stramiliardi di tracce di nostri simili è pensiero che mi coglie a volte, pensiero idealmente simile a quello, – altrettanto mortuario – che mi si presenta alla mente – questo con più frequenza – guardando le aperture sulla via della casa di fronte; quando constato che noi viviamo tutta la nostra esistenza chiusi dentro scatole di cemento, in attesa di essere chiusi in una scatola di legno. E’ allora che – vagheggiando una via di fuga da questo destino – mi dico che forse i nomadi hanno ragione. Probabilmente hanno ragione anche sotto altri punti di vista, tipo quello di infischiarsene delle convenzioni della moda, sia quelle legate ai vestiti che alla capigliatura. Ed in genere, naturalmente.. Sono dei diversi, come altre categorie di persone, molto osteggiate e perseguitate. Rimane il fatto che non sono chiusi in una scatola di cemento, se pur confortevole spesso. Non solo i nomadi detti zingari, dalla millenaria storia. Vogliamo dimenticare i giramondo di altra categoria, questa più raffinata, per esempio coloro certo in minore numero che scelgono di vivere la loro vita per qualche anno in barca? Ci sono poi quelli che vivono in una casa sull’acqua; Chissà se anche nella mente di tutti loro, ed altri non abitanti in un condominio, chissà se scegliendo un modo alternativo di ripararsi, è scattato a suo tempo qualcosa di simile ai miei pensieri riguardo al fatto che siamo chiusi in scatole di cemento in attesa di essere chiusi in una scatola di legno. Per quanto riguarda il fatto che camminiamo su sedimenti di miliardi di nostri fratelli questo è pensiero solo un filo meno disturbante: il nostro destino di viventi lo conosciamo; una meditazione sulla nostra precarietà ogni giorno va fatta e può perfino essere salutare ai fini delle nostre valutazioni di fronte ad ogni tentazione di sopravvalutarci, sotto ogni aspetto.

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